Il tesoro delle parole morte

Argo

Al viaggiatore curioso delle antichità che oggi si avventuri nel meridione d'Italia può capitare d'imbattersi in straordinari monumenti di quella che un tempo fu la Magna Grecia. Penso all'acropoli di Cuma prima colonia greca in Occidente, a Paestum con i suoi meravigliosi templi coevi al Partenone di Atene, a Taranto, a Gallipoli, a Crotone e a quella colonna che si erge isolata, l'unica rimasta in piedi del tempio di Hera. Penso al teatro di Locri, ai resti del tempio di Metaponto, a Sibari su fiume Crati fondata dagli Achei, al Tempio della Concordia di Agrigento un esempio perfetto dell'architettura greca e a tutta la Valle dei Templi. Penso a Taormina, a Siracusa, a Gela, ad Akrai, ad Eraclea Minoa, ai resti di Imera, a Selinunte fondata dai Megaresi e allo splendido tempio dedicato a Hera con le sue trentotto colonne ancora in piedi tese verso un cielo impazzito di sole. Penso all'agorà di Morgantina, al tempio e al teatro di Segesta situati in uno dei paesaggi più suggestivi del mondo, all'intera Sicilia. Penso ai tanti resti di pietra gialla, senza nome, levigati dai venti, soffocati dai rovi e dagli sterpi, sparsi lungo le coste meridionali bruciate dal sole e dalla salsedine, penso a quelle pietre solitarie che stanno lì da secoli, come sentinelle, rivolte ad Oriente a scrutare un mare azzurrissimo, infinito. Ed ad attendere.

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