Ieri sera, molto tardi, ho visto in televisione su Rai 1 La notte della taranta. Peccato! Avrei preferito non vederla. E’ stata una delle edizioni più brutte della manifestazione salentina.
La televisione, come si sa, è onnivora. Ingurgita ogni cosa e poi, una volta ridotta in poltiglia, la vomita perché il pubblico la divori dagli schermi. Non c’è manifestazione, kermesse che non abbia subìto questa sorte perdendo la propria singolarità. Basta pensare al Festival di Sanremo o all’assegnazione del Premio Campiello che è andata in onda nella stessa serata di ieri. Se la televisione ti trasmette devi pagare un prezzo. E il prezzo è veramente salato: la perdita della tua unicità. La televisione non arriva a riprendere con le sue telecamere un avvenimento, un “fatto” che accade a prescindere da lei, richiede che questo fatto rientri negli standard televisivi. I quali, come si sa, sono molto bassi. Perché quanto più bassi sono tanto più pubblico attraggono. Ed ecco così apparire sul palco di Melpignano i tre giovanotti de Il Volo (bravississimi in altre occasioni. Qui inadeguati), una bella e brava giovane cantante alla moda Madame con un microfono autotune, uno spaventapasseri impagliato in forma umana che conduce la serata, senza alcuna vergogna, senza alcuna remora, neanche quella di cantare Amara terra mia con qualche stonatura. La sua voce, fastidiosa come un piffero suonato da un ragazzino quando vuole impararne l’uso, ha sortito l’effetto di fare ricordare allo spettatore le meravigliosa ed emozionante versione cantata dal grande e geniale Domenico Modugno.
Cesare taccio… come dice il Petrarca in Italia mia benché ‘l parlar sia indarno. Perché altrimenti dovrei chiedermi di qual è il progetto sotteso alla serata, di quale mente l’abbia concepita, di chi ha fatto la direzione artistica, chi le coreografie (decorative come gli aculei in un riccio di mare), chi ha ideato i costumi da samurai indossati dai ballerini mentre Albano intonava ancora una volta Amara terra mia inginocchiandosi in preghiera. E ancora: chi ha dato la possibilità al maestro concertatore di soddisfare la sua sfrenata voglia di protagonismo, chi non si è curato del testo in grico storpiato da uno dei cantanti de Il Volo (una freccia avvelenata per chi intende la lingua grica).
E tutto questo avendo a disposizione un materiale umano di prim’ordine e un’infinità di talenti tra musicisti e cantanti veramente sorprendenti. Gente bravissima nel suonare e nel cantare, a fare il proprio lavoro (lo sappiamo da anni) ma sprecata in una serata come quella che ho visto in televisione ieri sera assolutamente da dimenticare.